Con “regalie” o promessa di denaro ad un minorenne si configura l’induzione alla prostituzione

0
330

La condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca una persona minore di età ad intrattenere rapporti sessuali, integra gli estremi del reato di induzione alla prostituzione minorile.

Un signore veniva ritenuto colpevole del delitto di induzione alla prostituzione “perché induceva dei ragazzi, tutti di età inferiore ai 18 anni, a prostituirsi, concedendosi a lui.

Egli compiva su di loro atti sessuali vari che ricompensava con la consegna, ogni volta, di piccole somme di denaro dai 5 ai 10 Euro e talora anche ai 20 Euro”. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione. Secondo il ricorrente, nella motivazione non vi sarebbe una logica dimostrazione, né adeguato substrato probatorio, che vi sia stata una correlazione necessaria fra le “regalie” di denaro del ricorrente nei confronti dei minori e le "prestazioni" da questi ultimi effettuate.

Il caso ha sollecitato l’intervento delle Sezioni Unite che con la sentenza 14.04.2014 n° 16207 ha rigettato il ricorso. Le Sezioni Unite sono state chiamate a stabilire "se la condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca una persona minore di età ad intrattenere rapporti sessuali esclusivamente con il soggetto agente, integri gli estremi della fattispecie di cui al comma primo o di cui al comma secondo dell’art. 600-bis del codice penale".

Con riferimento alla normativa applicabile al caso concreto la formulazione dell’art. 600 bis cod. pen. pone una netta differenziazione fra la più grave ipotesi di cui al primo comma, fattispecie destinata a punire coloro che avviano i minori all’attività di prostituzione, li trattengono in tale attività e ne traggono vantaggio, e quella di cui al secondo comma, funzionale alla punizione di coloro che si limitano a compiere atti sessuali a pagamento con soggetti minorenni, indipendentemente dal fatto che questi ultimi siano o meno già dediti ad attività di mercimonio sessuale del proprio corpo.

Nell’ipotesi di vittima minorenne, a partire dalla sentenza Cantoni n. 33470 del 2006 è stato affermato che l’adulto che paga il minore perché compia con lui atti sessuali contestualmente lo induce alla prostituzione e perciò deve rispondere ai sensi del primo comma dell’art. 600 bis cod. pen.

La sentenza n. 18315 del 14/04/2010, R.S., Rv. 247163 – in una fattispecie in cui all’indagato veniva contestato di avere indotto alla prostituzione un ragazzino che non aveva ancora compiuto dieci anni, convincendolo ad avere con lui rapporti sessuali dietro remunerazione – ha affermato, invece, che la semplice dazione di denaro doveva considerarsi sufficiente a persuadere il minore a consentire agli atti sessuali.

Con la sentenza n. 4235 del 11/01/2011, F., Rv. 249316, nella condotta di induzione è stata ricompresa anche una ripetuta dazione o offerta di danaro o altra utilità che, di per sé sola considerata, ossia interamente affrancata dalla necessità di ulteriori requisiti di condotta "suggestiva" (verbale o di altra natura), abbia spinto il minore al meretricio. La ratio della norma in esame è quella di sanzionare autonomamente anche il singolo ed estemporaneo rapporto a pagamento per la sua attitudine ad alimentare, sia pure indirettamente, il circuito della prostituzione (lo stimolo del compenso, infatti, potrebbe spingere il minore a proseguire l’attività e ad estendere la sfera dei clienti, con l’inevitabile pericolo di determinare, nel tempo, un suo stabile inserimento nel mercato).

Ritiene in conclusione la Corte di dovere affermare il seguente principio di diritto: "La condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca una persona minore di età ad intrattenere rapporti sessuali esclusivamente con il soggetto agente, integra gli estremi della fattispecie di cui al comma secondo dell’art. 600-bis del codice penale".
(Fonte foto: Rete Internet)

GENITORI, SCUOLA E DIRITTO