Festival Internazionale del film di Roma 2012

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Dopo le polemiche e le ripicche con gli altri festival italiani, l’appuntamento romano ha regalato la sua edizione probabilmente più sbiadita, con pochi nomi di richiamo e film interessanti.

Si è concluso il 17 novembre scorso il Festival del film di Roma 2012, con una delle edizioni meno entusiasmanti di sempre, partita tra molte polemiche e finita con un bottino magro di bei film. Nella prima edizione targata Marco Muller sono mancati i grandi nomi internazionali, ma anche tra i film meno famosi è stato difficile trovare qualcosa che abbia lasciato il segno tra pubblico e critica.

Il Marc’Aurelio d’Oro per il miglior film è andato a Marfa Girl di Larry Clark; il film racconta le vicende di una città texana, con la difficile convivenza tra la comunità bianca e quella messicana. Il valore dell’opera di Clark sta soprattutto nella ricerca estetica dell’immagine perfetta, in un racconto fatto soprattutto di sguardi e simboli, meno incisivo sotto il profilo della storia raccontata. Difficile dire se fosse effettivamente il miglior film presente a Roma; sicuramente è stato tra i più discussi, ma non ha colpito tutti.

Il premio per la migliore regia è andato invece a Paolo Franchi per E la chiamano estate, in assoluto il film più chiacchierato. Franchi ci racconta la storia di una coppia di quarantenni nella quale lui, innamoratissimo, non riesce a consumare concretamente il rapporto e cerca soddisfazione in bordelli e lungo le strade, arrivando a chiedere alla donna di provare il piacere con altri amanti. Il film è audace, ricercato nello stile, con un coraggio notevole nell’affrontare tematiche tra l’amore e il sesso con toni scuri e morbosi non proprio usuali nel cinema italiano; ma l’improbabilità della situazione e la scrittura forzata (fino al comico involontario, in certi tratti) elimina ogni possibilità di empatia da parte del pubblico e sottrae sostanza alla narrazione.

E la chiamano estate ha comunque lasciato il segno e fatto parlare di sé – sempre uno degli obiettivi dei film ai festival – soprattutto per i generosi nudi della protagonista Isabella Ferrari, vincitrice anche del premio per la migliore interpretazione femminile. Il francese Jérémie Elkaim (per Main dans la main) ha trionfato tra gli uomini.
Alì ha gli occhi azzurri di Claudio Giovannesi ha vinto il Premio speciale della Giuria. Citando apertamente Pierpaolo Pasolini e il suo cinema, il film racconta l’amicizia complicata tra Nader e Stefano, due ragazzini della periferia romana dalla vita complicata. L’opera di Giovannesi è stata la più apprezzata dalla critica ed era considerata tra le possibili sorprese per la vittoria finale.

Il Premio Cinema XXI (sezione lungometraggi) riservato alle nuove tendenze del cinema mondiale è andato all’isrealiano Michael Wahrmann e al suo Avanti popolo; Prospettive ha invece premiato l’italiano Cosimo e Nicole di Francesco Amato, una storia d’amore che prende spunto dalle vicende del G8 di Genova.
La sensazione è che la parabola discendente del Festival di Roma non si sia fermata. La manifestazione ha ancora un’identità incerta, non risolta dall’arrivo di Muller. Dovrebbe puntare – anche per l’attrazione del “marchio” Roma – ai grandi nomi e non fare concorrenza a festival più vicini ai film d’autore come Venezia, vetrine più consolidate per un certo tipo di cinema. Ma le stelle costano, i fondi non ci sono e Roma rimane un ibrido che attira poco cinefili, critici e consumatori.
(Fonte foto: Rete Internet)

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