Il sapere pertinente

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Se il sapere non è pertinente non produce conoscenza: i principi di una “conoscenza pertinente”.

Se andiamo indietro con la mente, mi rivolgo in particolare a quelli che hanno lasciato i banchi di scuola diversi lustri fa, ma anche a quanti ci stanno ancora seduti in quel banco che talvolta sembra una trappola, a quante volte non siamo riusciti a dare senso a quanto ci veniva proposto, o imposto, e pensiamo quanta fatica, spesso vana, abbiamo speso per apprendere concetti a noi estranei, decontestualizzati, disgiunti dalla nostra realtà e pertanto privi di senso.

Morin affronta questo tema attraverso l’analisi dell’educazione ad un “sapere pertinente”, cogliendo l’esigenza, troppo spesso misconosciuta da una certa categoria di scuola, di inquadrare ogni evento conoscitivo in un contesto, nell’ambito della sua complessità, per attribuirgli quel giusto valore che consenta di coglierne le mutue relazioni ed influenze.
La complessità e la mutevolezza che caratterizza la conoscenza del nostro millennio richiede uno sforzo ancora maggiore rispetto a quello delle epoche precedenti in cui esisteva una maggiore stabilità del sapere, pertanto, risulta ancor più evidente la necessità di relazionare ed organizzare in modo reticolare e trasversale i saperi affinché possano costituire la base per gli apprendimenti in fieri.

La psicologia cognitiva aveva già segnalato l’esigenza che il sapere dovesse essere pertinente per poter alloggiare in un contesto pena il suo infruttuoso isolamento; il costruttivismo su questa base ha accentuato la partecipazione del soggetto alla strutturazione di un sapere condiviso e partecipato perché afferente al concetto di pertinenza e prossimalità, per dirla con Vjgotsky, con quanto si apprende in modo consapevole e partecipato.

Morin, quindi, sottolineando anche l’esigenza dell’ampiezza di informazioni di gran lunga maggiori rispetto al passato di cui oggi l’individuo necessita, afferma che “serve una riforma del pensiero” attuabile attraverso la multidimensionalità e trasversalità del sapere che oggi risulta frammentato, segmentato e parcellizzato. L’efficacia cognitiva può prodursi allora attraverso la contestualizzazione e dalla pertinenza delle singole conoscenze legate in modo interattivo al tutto.

L’attitudine alla generalizzazione che la mente si abitua a compiere permetterà di gestire la complessità in modo multidimensionale imparando a relazionarsi con il tutto muovendosi dalle parti e individuando le parti dal tutto.

“L’educazione deve favorire la capacità naturale di porre e risolvere i problemi essenziali stimolando il pieno uso dell’intelligenza generale. Questo richiede il libero esercizio delle facoltà più diffusa e più viva nell’infanzia e nell’adolescenza: la curiosità” (Morin 2001).

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