Lettera aperta a Rosanna, a Lucia e ai coniugi Romano

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Scritta in seguito alle sentenze degli assassini di Lino: Salvatore Baldassarre, ergastolo. Giovanni Marino, 18 anni e 8 mesi. Anna Altamura, 14 anni. Carmine e Gaetano Annunziata, 16 e 14 anni.

Carissimi, questi sono giorni terribili. Supero con questa lettera il rischio del qualunquismo, dell’apparire banale, speculatore, scontato e protagonista, mi faccio così, umilmente, portavoce della semplicità. Portavoce dei tanti che semplicemente vorrebbero raggiungere l’essenza del dramma e comunicare ad ognuno di voi, destinatari di questa lettera, il senso vivo di partecipazione, di commozione, di sostegno da parte di tanti ragazzi che prendono le distanze dalla cultura dello schifo. Se la formalità prevede il contrario, forse la semplicità riesce nell’importante obiettivo: il tentativo di dimostrarvi con sempre più incisione che non soltanto per voi ciò che è accaduto è insostenibile.

Se questa sofferenza circonda i vostri passi allora l’unica cosa che potete fare è continuare a camminare allontanandovi dal quel dolore, poiché tornando indietro o stando fermi sarete sempre attorniati da quella mestizia. Ho ascoltato le sentenze contro chi stravolse le vostre vite. Chi ha ucciso Lino ora deve pagare con l’ergastolo. Per quanto quelle condanne possano avere una forte valenza civile, mi rendo conto che per voi siano una magra consolazione. Mi sono trovato più volte a scrivere su Lino, ogni volta è stato un pugno al cuore. Come si fa a restare indifferenti? Come può questa nazione ancora ritenersi civile? Resto basito come voi, possibile che ancora esista la mafia nella nostra realtà nazionale? Com’è possibile non rendersi conto con intensità di quanto sia surreale il fatto che questa nazione consente ancora l’esistenza delle mafie? 

Perché voi lo sapete bene, lo avete capito sulla vostra pelle, sapete bene che siete stati circondati dal rispetto delle istituzioni, così come sapete che le stesse se ne fregano altamente e mangiano i soldi prodotti con le collusioni. Quel crimine organizzato che oltre a contaminare politica, economia, sanità, contamina anche la vita di quelle persone che vorrebbero semplicemente stare bene. La legge giusta ha deciso l’ergastolo, sperando che le normative di questa nostra società mantengano anche tra qualche anno la certezza della pena e non consentano attenuanti. Gli esperti mi dicono che essere troppo emotivi non è un comportamento professionale, ma com’è possibile restare asettici senza pensare che Lino potrebbe essere ognuno di noi?

Un sociologo dovrebbe limitarsi a catalogare dati, a interpretare i fenomeni sociali, dovrebbe avere un atteggiamento distaccato, scientifico. Questa lettera non la scrive né il sociologo né il giornalista, libero così dall’imbarazzo entrambe le categorie professionali. Questa lettera la scrivo io, con la stessa passione con cui scrissi "Tutti i trentenni napoletani hanno gli occhi di Pasquale Romano" e tanti altri articoli su Lino. Fortunatamente però sono tanti i sociologi e i giornalisti che ancora lavorano con il cuore prima che con il cervello. Questa lettera non mi farà guadagnare un euro, questa lettera non sarà un trattato sociologico né un saggio giornalistico. Questa lettera è una presa di responsabilità, è scritta da tutti quelli che hanno nel proprio essere quella capacità di immedesimarsi, di soffrire per un dolore che non ci è estraneo, quelli che ambiscono ad una vita vissuta con dignità.

Questo giornale che consente le mie pubblicazioni è un giornale serio e impegnato e come tale non mi consente di scrivere parolacce. Meglio così. Forse. Se fosse possibile ne scriverei tante, perdendo non solo la qualità professionale ma anche il decoro e la buona educazione. Alcune persone andrebbero etichettate soltanto con parole pesanti e sgradevoli, uniche in grado di delineare profili adatti e incisivi a questi grandissimi pezzi di mercenari della vita, questi figli di putride arroganze. Voi piangete Lino, così come i ragazzi sani piangono una Napoli senza camorra che forse non vedranno mai. Quando c’è stato il concerto in memoria di Lino, io ero seduto in alto in quel teatro e ogni tanto vi osservavo lì seduti.

Ciò che più mi ricordo di quella serata è il senso di dignità e compostezza che avevate voi due, i genitori di Lino. Signor Giuseppe, Signora Rosa, vi chiamo per nome e vi invito a guardare oltre questa lettera pensando che la Napoli sana vi abbraccia con affetto sconfinato e non resta indifferente. Ricorderò per sempre quella vostra genuina semplicità che lasciava trasparire un unico messaggio: "Perché noi siamo qui? Che ci facciamo in mezzo a tutta questa gente che ricorda il nostro bambino? Perché Lino stasera non verrà a cena?" Il "perché" delle domande senza risposte può logorare l’anima, può fare impazzire anche un santo. Un ergastolo non potrà mai essere una risposta esaustiva. L’intervento della giustizia, per quanto meritevole di lode, non potrà mai restituire la vita di vostro figlio.

Non ha nessun senso quello che è accaduto, nessuno ne parla più perché il mondo deve giustamente andare avanti, il disastro sta nel fatto che soltanto la nostra regione non va avanti. Ciò che è anomalo, inspiegabile, è il fatto che la camorra esista ancora. Hanno davvero rotto le scatole. Viene voglia di gridare loro: "Arrendetevi, salvatevi, prendete di petto la vita, lavorate e vivete in modo sano, guardate negli occhi dei vostri figli e insegnate loro ad amare davvero". Non lo ascolta nessuno questo grido perché in Italia, quello Stato che urla dal pulpito il proprio diniego è lo stesso che mangia a sbafo con il crimine organizzato fino a ruttare sulle facce della gente perbene.

Rosanna, ho letto che vorresti partire e andare via da qui, d’altronde ti hanno tolto il tuo fidanzato, il tuo unico amore, ho letto che vorresti fare del bene altrove. Quando l’ho letto ho sentito come nel petto quel dispiacere misto a gioia che si prova quando un amico va in qualche paese lontano perché magari ha trovato lavoro lì. In un primo momento si pensa "No! Te ne vai via anche tu" poi dopo un secondo, per il bene che si prova nei confronti della persona, si pensa "Si, forse è meglio così". Chi ha trent’anni in Campania, non ha altro che rabbia e delusione nonostante l’incontenibile speranza di condividere il benessere immaginando che le cose migliorino.

Rosà, ho avuto l’onore di conoscerti bene in questi mesi, spero di restarti sempre amico, qualsiasi sia la decisione che prenderai, te lo dico qui, pubblicamente, in una lettera che spero presto leggerai. Lucia, ho letto una frase scritta da te in un post su facebook: "Come si fa a pensarti a parlare di te e non avere quel solito pugno allo stomaco che fa tanto male?" Già, come si fa? Sappi che c’è chi ha letto quel post e non è rimasto indifferente, sono sicuro che siano in tanti a non restare indifferenti. Questo ti dia coraggio per vedere quanto di buono ha da darti in futuro questa vita, dipingerai quel bene con il bianco del sorriso di tuo fratello. A te Lucia, sorella di Lino, e a voi genitori, vi dico una cosa importante: ciò che è accaduto ha smosso tante coscienze, lo ha fatto nei cuori di chi sa ascoltare, questo ha ridato vita a Lino, che continuerà ad esistere in chi si rifiuta di appartenere alla Napoli peggiore.

Noi ragazzi che abbiamo saputo ascoltare quel dolore, abbiamo deciso all’unanimità che Lino non è morto davvero e continua a ridere nelle nostre risate. Vi abbraccio con il senso di colpa per non riuscire a fare abbastanza ma con l’affetto di chi se ne frega della forma e intende trasmettervi un’emozione sincera. Noi, napoletani stanchi ma con la voglia di andare avanti, abbiamo tutti una costante sete di emozioni sincere. Nessun abbraccio vi darà; lo stesso calore del suo, ma migliaia di ragazzi vi stringeranno forte al petto per sempre, perchè; così; farà; meno freddo, perchè cosìe; vi verrà; trasmessa energia, perchè; così;, magari, vi scapperà; un sorriso e penserete che non tutto sia invano, perchè; di sicuro Lino avrebbe voluto il vostro sorriso e spero che appaino sempre di più; le piccole smorfie di gioia sui vostri volti. Lino ne saràcontento di sicuro.

(Fonte foto: Rete internet)