Napoli. Alla ricerca del rispetto perduto

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Una realtà possibile: riuniamo gli amministratori della Campania e i migliori esperti sociali. Creiamo tavole rotonde per valorizzare le capacità individuali dando alle persone il meritato rispetto.

Napoli appartiene davvero a noi tutti. Siamo noi che viviamo questa città e tutti i paesi circostanti. Siano noi a costituirne l’identità. Richard Sennett, un sociologo, nel suo testo “Rispetto. La dignità umana in un mondo di diseguali” ci consente di osservare, partendo dalle sue teorie, il concetto di rispetto con occhi partenopei.

Proviamo quindi a creare un parallelismo tra la sua idea di rispetto e quella dei cittadini campani. Sennett scrive: “La società ha tre modi per modellare un carattere portando l’individuo a meritare rispetto o a non ispirarne affatto. Il primo modo avviene attraverso la crescita personale, in particolare sviluppando abilità e competenze. La persona di grande intelligenza che spreca il suo talento non ispira rispetto, a differenza di una meno dotata ma che sfrutta fino in fondo le proprie capacità. Lo sviluppo personale diventa una fonte di stima sociale in quanto la società condanna lo spreco, mentre premia l’uso efficace delle risorse nel campo dell’esperienza personale come in quello dell’economia”.

Sennett sembra proprio che stia citando i napoletani: un agglomerato di artisti, musicisti, operai, laureati, scienziati, esperti di vari settori ma che non hanno la possibilità di dimostrare le proprie capacità, ali spezzate che negli anni hanno creato uno stato di assenza di rispetto, con una conseguente predisposizione al vittimismo e alla perdita dei punti di riferimento. Tutto ciò annienta il rispetto tra questi attori sociali. Sono quelle persone che a causa di una società frenetica e contraddittoria, non acquisiscono il rispetto da parte delle comunità più agiate e con più capitali economici. Sono tante le testimonianze delle persone disoccupate che hanno perso il rispetto anche di se stessi.

Sennett prosegue con un secondo punto: “Il secondo modo consiste nella cura di sé. Nel mondo antico prendersi cura di sé significava imparare a regolare i piaceri e le pene del corpo. Per Sant’Agostino solo l’uomo che imparava a confessare il proprio peccato a Dio poteva dire di avere cura di sé. Machiavelli pensava che prendersi cura di sé fosse sinonimo di protezione di sé, incutendo timore o rispetto forzato negli altri. La cura di sé può anche voler dire non diventare un onere per gli altri: così, l’adulto bisognoso incorre nella vergogna, la persona autosufficiente invece merita rispetto. Questo modo di guadagnare rispetto deriva dall’odio che la società moderna nutre per il parassitismo; la società non ama la dissipazione di energie, ma ancor di più non desidera – razionalmente o meno – essere assillata da richieste non giustificate”.

Il rispetto del sé, passa anche attraverso le mancate attenzioni per le barriere architettoniche, che per quanto possano sembrare ineliminabili, in realtà potrebbero vedere la loro estinzione con un po’ di cura in più per i lavori urbanistici. Disattenzioni nate proprio dagli interessi di una società piena di energie che non tollera la lentezza e nel nostro caso non sempre onora il senso civico. Rendere accessibili a tutti le strade di Napoli favorirebbe, non solo una maggiore coesione sociale, ma anche maggiori profitti economici apportabili da chi vive con differenti abilità fisiche. E’ ovvio che un diversamente abile non può, da solo, in una città come questa, mettere in campo le proprie capacità, poiché pur volendo, necessiterebbe dell’aiuto delle amministrazioni governative e di strutture idonee.

Mancata cura del sé anche in riferimento alla mancata tutela del rispetto di chi è vittima degli atteggiamenti camorristici, vittime troppo spesso abbandonate dalla legge che quasi sembra dire loro: “così va la vita! abituatevi!”. E’ atteggiamento mafioso anche quello con cui gli arroganti rovinano le nostre strade, come quei guappi di cartone che imbrattano gli edifici e gli amministratori che riempiono di soldi il portafoglio ma non di cemento le tante buche dei manti stradali. Stesso discorso vale per la sanità, poiché laddove fallisce il legame di rispetto tra enti sanitari e pazienti, aumenta la difficoltà dei malati nel reintegrarsi nella comunità e accresce la mancanza di fiducia nei confronti delle istituzioni e della classe scientifica.

Riguardo alla tutela del rispetto per i pazienti il Monaldi, il Loreto Mare, l’Ospedale dei Pellegrini e altri, diventano sempre di più bandiere di vergogna più che di orgoglio. Lì il rispetto muore insieme ai modi di agire di molti impiegati nei confronti dei degenti. L’ultimo punto toccato da Sennett chiarisce un altro importante pensiero:

“Il terzo modo di meritare rispetto è di dare agli altri. Questa è forse la fonte più universale, profonda e senza tempo con cui una persona può attingere stima. Quando assistiamo a un’esecuzione musicale, possiamo applaudire con fervore e rendere omaggio al talento e all’abilità; il principe Machiavelli può garantirsi l’omaggio della sottomissione, ma né il virtuoso né il tiranno toccano il sentimento altrui come colui che dà alla comunità. Nemmeno l’autosufficienza garantisce una stima del genere; in ultima analisi, la persona autosufficiente non è di grande aiuto per gli altri, nel senso che può non garantire reciprocità né ha necessariamente bisogno di loro. Lo scambio è il principio sociale che anima il carattere di chi contribuisce alla comunità”.

E’ proprio la reciprocità che potrebbe cambiare le cose anche qui da noi. Questa città ha nel suo dna il senso della dignità. Una percezione assopita dalla delusione e dai mancati investimenti. Dignità ripristinabile solo se i possessori dei mezzi decideranno di aiutare gli altri. Una reciprocità non solo tra i cittadini, che seppur fondamentale, non sarà mai utile quanto la reciprocità tra i detentori delle decisioni pubbliche e i napoletani che necessitano di mezzi nuovi. Ammortizzatori e incentivi per agire, per condividere, per crescere. Tra i tanti modelli da istituire c’è quello della nascita di sentimenti nuovi, come l’attaccamento alla vita attraverso idee da elaborare nelle tavole rotonde dei decisori.

Ad esempio, se nelle scuole elementari e medie delle zone degradate, venisse proposto ai ragazzi di imparare a suonare uno strumento musicale, o a partecipare a competizioni agonistiche di calcio, basket e altri sport, verrebbero così dati dei mezzi alternativi all’assenza di rispetto e all’assenza di obiettivi. Creare così nuove volontà e nuove strutture cognitive, evitando di lasciare che i ragazzi sfruttino il tempo libero per sfrecciare a vuoto sui motorini o spacciando droga e rubando portafogli. Un governo serio, una comunità appassionata, dovrebbe ideare attività volte a stimolare l’apprendimento, restituendo motivazioni per crescere, attraverso l’incentivazione delle attitudini personali di chi non è cresciuto con il concetto di rispetto.

Sia l’incapacità di stimolare le attitudini che lo stato attuale di miseria economica e culturale, rischiano di spersonalizzare molti napoletani, deprivandoli così del rispetto. Un altro esempio ci viene ricordato dagli eventi di questi giorni. Tutti questi clan e le loro guerre. Omicidi troppo spesso diventati eventi quotidiani che ogni giorno condannano a morte il rispetto e la dignità di chi non ha niente a che fare con questo schifo sociale. Uno schifo che è diventato quasi una macabra moda con cui i telegiornali mostrano alla nazione una svilente realtà. Un imbarazzo che amareggia tutte le bocche delle persone corrette. Bocche accuratamente bendate da chi guarda tutto questo e non agisce.

Da chi non agisce investendo nei giovani degradati, da chi non agisce con maggiori arresti, con inchieste serie, con iniziative scolastiche, con interventi politici severi, con controlli agli enti sanitari, con qualcosa che potrebbe cambiare tutto: il rispetto per la vita.

OSSERVATORIO SOCIALE