Addio, professore. Lutto nel mondo della cultura: muore a 84 anni Umberto Eco

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Umberto Eco

Il mondo ha perso uno dei suoi più importanti uomini di cultura. Filosofo, scrittore, grande esperto di media e comunicazione. Tra le sue opere più importanti, «Il nome della Rosa» e «Il pendolo di Focault».

 C’è una frase che compendia tutto Eco in un secondo: «Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto cinquemila anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito. Perché la lettura è un’immortalità all’indietro».

Lui di anni ne aveva 84 e ne aveva vissuti, secondo questa logica, molti più di cinquemila fino alle 22, 30 di ieri sera quando – era ammalato da tempo – si è spento nella sua casa di Milano.  Autore di saggi di estetica medievale, linguistica, filosofia, romanzi di successo planetario come «Il nome della Rosa», bestseller con 14 milioni di copie vendute, tradotto in più di cento lingue e dal quale è stato tratto un film di altrettanto successo. Era socio dell’Accademia dei Lincei per le Scienze Morali, Storiche e Filosofiche. L’ultimo libro l’aveva pubblicato il giorno del suo compleanno, nel 2015: «Numero Zero». Ambientato agli inizi degli anni ’90, racconta di una redazione immaginaria con evidenti riferimenti, in chiave romanzesca, alla politica italiana. Tangentopoli, Gladio, Loggia P2, terrorismo.  Nel 1988 aveva fondato il Dipartimento della Comunicazione dell’Università di San Marino. Dal 2008 era professore emerito e presidente della Scuola Superiore di Studi Umanistici dell’Università di Bologna.

Messaggi di cordoglio sono arrivati da tutto il mondo, con comunicati ufficiali e sui social: dal presidente Matteo Renzi, alle case editrici, a cantanti e gente comune. «Nomina nuda tenemos» ha twittato Roberto Saviano. Riprendendo chiaramente l’ultima frase di «Il nome della Rosa»: noi possediamo solo nudi nomi, variazione di un verso del De Contemptu Mundi del dodicesimo secolo.

L’opera di Eco, Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana, Medaglia d’oro ai benemeriti d’arte e cultura, ben quaranta lauree honoris causa conferitegli da università europee ed americane, il suo esordio nella narrativa fu proprio con «Il nome della Rosa», giallo medievale vincitore del premio Strega dal quale fu tratto l’omonimo film con Sean Connery. E poi, «Il pendolo di Focault», compendio di magia, complotti, esoterismo. «L’isola del giorno prima», «Baudolino», «Il cimitero di Praga» e infine, «Numero Zero». Tra i suoi saggi, «Il problema estetico in San Tommaso», «Filosofi in libertà», «Il superuomo di massa»,  «Povero Pinocchio», «In cosa crede chi non crede?», «Cinque scritti morali», «La bustina di Minerva», «Kant e l’ornitorinco»,  «Storia della bruttezza», «Riflessioni sul dolore», pochi preziosissimi testi per l’infanzia come «I tre cosmonauti» e una chicca della letteratura saggistica che è «Diario Minimo». Qui infatti il professore include anche il saggio «Fenomenologia di Mike Bongiorno», edito nel momento di maggiore popolarità dello scomparso presentatore e che lo consacrò a «fenomeno di massa» trasformandolo in un’icona.

Eco era anche tanto altro, come dimostrano i suoi contributi politici e le collaborazioni a «L’Espresso», «Il Giorno», «La Stampa», «Il Corriere della Sera», «La Repubblica», «Il Manifesto» oltre che a riviste internazionali e specializzate, di cultura, letterarie.

Indimenticabili i suoi dibattiti con altri intellettuali italiani che hanno sfiorato, negli anni, temi prima non consueti per le pagine di cultura: l’enigmistica, per esempio, il fumetto (era un fan sfegatato di Dylan Dog) o la fenomenologia di James Bond.

Nel 2016 dovrebbe uscire una raccolta di suoi scritti edita dalla casa editrice di Elisabetta Sgarbi, si chiamerà “Pape Satàn Aleppe”,  il titolo è una citazione dantesca che, come il professore aveva ricordato commentando: «non vuol dire niente, dunque è adatto a descrivere la confusione dei nostri tempi».