Un caffè con…Fabrizio Palladino

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Il comandante Fabrizio Palladino

Comandante della Polizia Locale di Sant’Anastasia da otto anni, tifoso sfegatato del Napoli Calcio, il Maggiore Palladino si racconta snocciolando dati, cifre e obiettivi del suo comando senza sottrarsi a domande, anche “scomode” sul suo privato.

Nel 2008, quando vinse il concorso nella polizia municipale a Sant’Anastasia (il sindaco era Carmine Pone), aveva 29 anni ed era, all’epoca, il comandante dei vigili urbani più giovane d’Italia. Di anni ne sono passati otto, lui ne ha oggi 37. Fabrizio Palladino sta per raggiungere, a breve, due traguardi: uno nella professione, l’altro nella vita privata. Dal primo ottobre non sarà più Maggiore, bensì Tenente Colonnello mentre, tra pochi mesi, diventerà papà per la prima volta. Gli abbiamo chiesto, come è naturale visto il ruolo che ricopre, della viabilità, dell’abusivismo, dei risultati di un comando vigili che sembra costantemente bersagliato di critiche, soprattutto per l’esigua presenza in strada del personale. Ma, come è nelle corde di questa rubrica, si è prestato a raccontarsi a tutto tondo, svelando non solo dati, cifre e obiettivi del suo comando ma anche le sue passioni, i suoi interessi, le sue ambizioni nella vita pubblica e privata.

Fabrizio, sei al comando della Polizia Locale di Sant’Anastasia da ben otto anni, arrivato qui con un piccolo record: eri il comandante più giovane d’Italia. Quanti anni avevi quando hai indossato per la prima volta la divisa da vigile urbano?
«Solo ventuno. Sono arrivato a Sant’Anastasia dopo sette anni da agente nella polizia municipale di Castellammare di Stabia, un’esperienza indimenticabile che mi ha formato tantissimo, poi ho tentato il concorso e l’ho vinto».

Perché hai scelto questa strada?
«All’inizio soltanto un caso, studiavo Giurisprudenza ed ero nel bel mezzo di una carriera universitaria. Mi sono imbattuto in un corso – concorso indetto dal Formez che reclutava personale per alcuni comuni della Campania. Ho tentato ed è andata benissimo, anche perché ho superato con facilità gli esami grazie agli studi universitari in corso. E poi sono “figlio d’arte”».

In che senso?
«Mio padre Roberto è vicecomandante della polizia municipale a Poggiomarino».

Ne hai seguito le orme.
«Non era questa l’intenzione, è nato tutto per caso. Ma alla fine ne sono contento».

La tua famiglia è sempre vissuta a Poggiomarino?
«Per i primi quattro anni della mia vita abbiamo vissuto a Scafati, in una casa costruita da mio nonno che era imprenditore edile, poi ci siamo trasferiti a Poggiomarino dove viviamo tuttora e dove, anche dopo il matrimonio, ho voluto restare. Mia madre Rosa è casalinga ed ho un fratello più piccolo, Marco, che vive e lavora a Londra con la moglie da quasi sette anni, mi manca tantissimo, siamo profondamente legati».

Hai i gradi di Maggiore, ma dal primo ottobre prossimo acquisirai il grado più alto della categoria.
«Sì, indosserò l’uniforme di Tenente Colonnello perché da pochi mesi la Regione ha finalmente approvato il nuovo regolamento che disciplina uniformi, distintivi e gradi della polizia municipale. La Campania era l’unica a non essersi adeguata, tant’è che se si ci sposta da Napoli ad alcuni comuni dell’hinterland si trovano divise ed uniformi tra le più disparate, anche nei colori. Invece ora si uniformeranno i fregi, ai comuni erano stati concessi 180 giorni di tempo per adeguarsi. Il regolamento è già passato in consiglio comunale e dunque, da funzionario D3, acquisirò automaticamente il grado più alto della categoria di appartenenza».

Qual è l’esperienza più curiosa che ti sia mai capitata da quando sei nella polizia municipale, da agente o da graduato?
«Ce ne saranno mille, magari quelle che proprio non capitano tutti i giorni sono gli interventi sui luoghi degli omicidi di esponenti della malavita locale a Castellammare, quando dovevamo tenere a bada non solo il traffico ma gli umori delle persone e dei curiosi. Ma non si possono proprio dire esperienze curiose, quelle mi sono capitate, sì. Una volta, ero già qui al comando di Sant’Anastasia, un cittadino chiamò per avvisarci che in via Emilio Merone vagava una pecora randagia. Disse proprio così, “pecora randagia”.

E tu cosa hai fatto?
«Dopo il comprensibile stupore ci siamo chiesti cosa fare. Alla fine abbiamo chiamato l’Asl, rintracciato il pastore alla quale era scappata e messo fine alla fuga dell’ovino che randagio non era».

Ti piace Sant’Anastasia?
«Lo trovo un paese molto bello, con tantissime potenzialità delle quali molte inespresse. Fino a otto anni fa non lo conoscevo per nulla, ci ero venuto solo un paio di volte per visitare il Santuario di Madonna dell’Arco, da fervido credente quale sono. Ma devo dire che all’epoca non collegavo per nulla il Santuario a Sant’Anastasia, come tanti pensavo che Madonna dell’Arco fosse un paese a sé. Ora lo conosco bene, è stata una scoperta piacevolissima e positiva e ho incontrato tanta gente per bene con la quale ho legato».

Hai molti amici, qui?
«Amici forse è una parola grossa, non ne ho moltissimi. Ma ci sono tanti conoscenti con i quali, specialmente nei primi anni di servizio, quando ancora avevamo meno pensieri, abbiamo condiviso ore piacevoli e anche talvolta uscite mondane. Dal 2013 sono sposato con Elisa, quindi la mia vita è un po’ cambiata».

Stai anche per diventare papà.
«Sì, la nascita di mio figlio è prevista entro l’Epifania 2016. Sarà un maschio e si chiamerà Roberto, come il nonno. Ho voluto fare questa sorpresa a mio padre che non se l’aspettava. Dapprima è rimasto stupito, direi esterrefatto, poi ha cominciato a realizzare ed è entusiasta».

Tua moglie Elisa lavora, da meno tempo di te, al Comune di Sant’Anastasia. Arrivate insieme al mattino?
«Spesso, non sempre. Lei è istruttore contabile all’ufficio tributi e vincitrice di concorso. Si è laureata in Scienze Economiche e Bancarie a Siena, in una delle migliori facoltà in Italia, ed è specializzata in direzione e controllo delle aziende pubbliche».

Sai che sono state fatte insinuazioni? La moglie del comandante che vince il concorso…
«Certo che lo so, qualcosa ho sentito e altro ho anche letto sui social network. Ma sotto questo profilo sono talmente sereno che posso sorriderne. Chi ha fatto tali insinuazioni non conosce di sicuro mia moglie né la cultura dalla quale entrambi proveniamo. Elisa mi stupisce ogni giorno per la sua preparazione, mi sbalordisce per il suo impegno, per il suo sapersi calare nelle realtà, e nessuno più di lei meritava di vincere quel concorso. Non si tratta di presunzione, è che l’ho guardata studiare seriamente, ha passato giorni e giorni sui libri, senza uscire di casa, poco dopo essersi laureata e specializzata a pienissimi voti e con lode. Ed essendo persona preparatissima, sapevo che se non avesse vinto questo concorso le sarebbe sicuramente andato bene il prossimo, di domande in altri Comuni ne aveva fatte tante».

Anche tu hai continuato a studiare, pur lavorando?
«Sì, sono laureato in Giurisprudenza e ho svolto il praticantato forense all’Avvocatura municipale del Comune di Castellammare di Stabia fin quando sono stato lì, poi con un dominus privato a Poggiomarino. Ma non mi sono mai pentito della scelta che ho fatto, la polizia municipale è la mia ragione di vita, adesso più di prima. Avrei fatto l’avvocato, ma il richiamo della divisa è stato più forte».

E al contrario di tanti tuoi colleghi non hai tentato altri concorsi, non vuoi andare via da Sant’Anastasia?
«Molto probabile che non ne abbia più tentati per questo. Del resto, nel corso degli anni, si è occasionalmente presentata la possibilità di acquisire esperienze di comando in altri comuni, contemporaneamente. Ho sempre declinato l’invito perché per me è importante dedicarsi anima e corpo ad una esperienza. Bisogna fare una cosa e farla bene».

Hai lavorato fianco a fianco con tre sindaci: Carmine Pone, Carmine Esposito, Lello Abete. Come è andata?
«Ho avuto con tutti e tre un ottimo rapporto che sussiste ancora attualmente, anche in termini affettivi. Quando nel lavoro c’è chiarezza e lealtà i momenti di contrasto sono naturali, ma non possono che discenderne cose positive, sia pure con posizioni differenti. Tutti e tre si sono resi conto che alcune volte bisogna dire dei “no” su questioni tecniche e che questi ultimi non sono stati mai dettati, e mai lo saranno, da altre ragioni».

Qual è il no più difficile che hai detto?
«Preferisco tenerlo per me, precisando che non parliamo di chissà quali strane vicende. Mi è capitato di dare pareri sfavorevoli quando non c’erano i presupposti tecnici per perseguire determinate soluzioni. In materia di viabilità, ambiente, soluzioni sanzionatorie, organizzazione del servizio, null’altro che questo».

Quanti vigili ci sono a Sant’Anastasia?
«Abbiamo al momento 20 unità, dunque siccome il fabbisogno – stando alla legge regionale sulla polizia locale –  dovrebbe essere di almeno 48 (uno ogni 800 abitanti e uno ogni 600 se il territorio è a vocazione turistica), siamo sotto organico di 25 unità. Il numero effettivo impiegato quotidianamente diminuisce in maniera drastica a causa delle assenze per ferie residue (le ferie vanno programmate secondo esigenze di servizio), permessi studio (ci sono agenti che si stanno laureando e la legge gli riconosce il diritto ad assentarsi o ad avere turni agevolati), permessi per legge 104, permessi retribuiti per motivi personali, malattie, riposi compensativi, recupero di eccedenze orarie…».

Messa così devo chiederti se su venti vigili ne rimane qualcuno, ogni giorno…
«Tu sai che in ufficio deve esserci un piantone, ebbene a volte siamo costretti a chiudere il comando per assicurare almeno una pattuglia in strada, soprattutto di domenica, e questo la gente non lo sa.  A volte magari chiamano, non risponde nessuno e dall’altro capo del filo ci si immagina che qualcuno stia lì a grattarsi la pancia, ma non è così. La verità è che questa situazione, la carenza di personale, ci obbliga finanche a far allontanare il personale adibito a rispondere al telefono in maniera da assicurare la presenza di agenti che controllino il territorio. C’è da dire, peraltro, che di queste venti unità a disposizione l’80 per cento è ultracinquantenne e alcuni – che rivestono anche ruoli delicati in settori di responsabilità – si avviano al pensionamento. I nostri vigili sono oberati da documenti, sommersi da carte e procedimenti necessari e non si sa come ovviare a tutto ciò. Non abbiamo un esercito, purtroppo. Questo i cittadini devono saperlo».

Andiamo per ordine, in quanti si occupano di cosa e in che settori?
«C’è chi si occupa della parte amministrativa, dunque protocollo, archivio degli atti, predisposizione delle determine e delle proposte di deliberazione, risposte ai fax, controllo della pec, smistamento della posta negli uffici, qui devono essere almeno in due. Nell’ufficio verbali si alternano in quattro, due per turno. In strada ci sono effettivamente quattordici agenti, sette per turno che, per tutto quel che dicevamo prima, si riducono essenzialmente a quattro».

Dunque se non ci fossero gli ausiliari del traffico che controllano la sosta a pagamento, per voi sarebbe impossibile gestire anche questa?
«Ritengo che il servizio sia stato esternalizzato proprio per questo motivo, con il personale della Polizia Locale sarebbe stato impossibile. Per non parlare della realizzazione della segnaletica orizzontale e verticale, dei parcometri, dell’assunzione del personale addetto al controllo, dei software gestionali. Impensabile addossarlo a noi, con venti unità già oberate di lavoro. Gli ausiliari sono sei, tolto il personale amministrativo e rispondono alla ditta circa l’attribuzione delle zone e il controllo, al comando di polizia municipale, invece, per ciò che concerne il corretto procedimento sanzionatorio. Devo dire che lavorano tanto e bene».

Quanti posti auto delimitati da strisce blu, dunque a pagamento, ci sono a Sant’Anastasia?
«Non ricordo il numero esatto, ma credo circa 650».

Sono sufficienti? Sono troppi?
«Questo dovresti chiederlo agli amministratori comunali. Da tecnico potrei solo dirti che eventualmente ci sarebbe la possibilità di ampliare la sosta a pagamento ed è nelle facoltà dell’amministrazione farlo in altre zone».

Devo chiedertelo, giacché i cittadini lamentano la tua scarsa presenza in strada: tu sei a Sant’Anastasia tutti i giorni?
«Le mie presenze sono facilmente controllabili, non solo perché sono qui costantemente ma perché esiste un marcatempo. Per gli scettici, consiglio un’indagine all’ufficio del personale. Ma posso aggiungere una cosa che mi sta a cuore proprio sul personale?».

Certo, cosa?
«L’amministrazione comunale, il sindaco in particolare, è costantemente impegnata a cercare una soluzione per ampliare l’organico della polizia municipale, devo dirlo per onestà. C’è un concorso che sarà espletato a breve per assumere quattro unità a tempo indeterminato, sia pure part time. Purtroppo determinati provvedimenti normativi nazionali, penso all’ultimo decreto sugli enti locali, hanno legato le mani alle amministrazioni comunali e di fatto le assunzioni sono bloccate ad ogni livello. Attendiamo sviluppi, ma devo dire che per il sindaco è un cruccio quotidiano e lo ringrazio perché mi ascolta e spesso ha tramutato le richieste in azioni, il concorso ne è un esempio lampante. Così pure in occasione di eventi: per la festività dell’Incoronazione della Madonna dell’Arco sono stati assunti sei agenti a tempo determinato, esperienza che purtroppo terminerà il 30 settembre. Di più non si poteva fare, né per la legge, né per le risorse che abbiamo giacché questo è possibile solo con i proventi dei verbali elevati per trasgressioni al codice della strada».

Quanto si incassa in un anno?
«Negli ultimi anni la somma si aggira sui duecentomila euro e la sosta a pagamento ha influito tantissimo. I duecentomila euro non corrispondono naturalmente alla mole di verbali elevata, molto più cospicua, perché purtroppo la percentuale di riscossione è molto bassa, come in tutta Italia. Ad oggi stanno arrivando le cartelle del ruolo 2012».

Il problema più difficile che ti sei trovato ad affrontare a Sant’Anastasia?
«Sono arrivato qui durante l’emergenza rifiuti, a gennaio 2008, catapultato in una realtà di fuoco, ero giorno e notte insieme al sindaco Pone nelle zone dove la situazione causava vere e proprie rivolte popolari, incendi di cassonetti e quant’altro. Ma anche la vicenda dell’isola ecologica oggi aperta, quando il sindaco era Carmine Esposito, è stata delicata, ci furono rivolte e momenti concitati dove volarono anche parole grosse – e di sicuro non vere – sulle forze dell’ordine».

Parliamo di viabilità. Tu conosci bene le strade di Sant’Anastasia?
«Dopo otto anni, ci mancherebbe. Anche se qualcuno dice che esco poco in strada. Ma chi lo dice non conosce evidentemente il ruolo del comandante che è anche un dirigente ed è chiamato a compiti di amministrazione attiva, all’adozione di atti, procedure, gare, affidamenti, gestione del personale, rendicontazione delle entrate e delle spese…».

Se continui finisco per definirti un burocrate…
«Nel senso più buono del termine, quello positivo. A certi compiti non ci si può sottrarre e sono contento di avere tutti gli atti e le procedure in regola. È uno dei miei obiettivi primari perché io devo essere innanzitutto il garante di regolarità amministrativa. Sugli atti ci metto la mia firma. E la mia faccia. Diventa difficile, soprattutto in queste condizioni di carenza di organico, essere presenti assiduamente in strada. Ma quando è necessario e l’occasione lo richiede ci sono sempre, è contro la mia indole lasciare il personale abbandonato a sé stesso e se devo presidiare transenne insieme a loro non mi tiro certo indietro. Se sono chiamato invece a compiti interni, devo adempiere ai miei doveri».

 Parlavamo di viabilità. Facciamo un esempio: su via Romani insistono attualmente bar e attività di ristorazione davanti ai quali la sosta selvaggia crea innumerevoli problemi e anche rischi, giacché non è certo una strada sulla quale si potrebbe parcheggiare. Insomma, si finisce per avere un doppio senso di circolazione con una sola carreggiata, visto che l’altra è costantemente occupata da auto di chi va a bere un caffè o si siede comodamente ai tavolini. Soluzioni?
«Per quanto riguarda la sosta selvaggia su via Romani dove insistono – direi fortunatamente per la collettività – noti esercizi pubblici, bar, ristoranti e luoghi di culto, sappiamo che c’è un problema, quello di un malcostume diffuso, non solo qui ma in tutta Italia. Riceviamo continue sollecitazioni non solo dai cittadini ma anche dall’amministrazione comunale. Le pattuglie sono presenti in zona e passano ogni giorno, ma una presenza costante e assidua non possiamo garantirla, per le note carenze di organico. Però posso darti dei numeri: nell’ultimo anno, in via Romani e presso quei noti esercizi commerciali, sono stati elevati 800 verbali, solo per divieto di sosta. Il problema si acuisce in tarda serata e in ore notturne, quando il personale della polizia municipale non è presente in servizio. Per determinate problematiche non esistono per forza soluzioni tecniche adottabili, magari ci sono soluzioni amministrative che possono consistere in una maggiore presenza del personale o comunque di altre forze dell’ordine che implicherebbero un maggior numero di sanzioni elevate o solo una prevenzione. Ma la verità è che una maggiore presenza non possiamo garantirla al momento, auspichiamo che ci sia un rimpinguamento di personale che aiuti nella prevenzione e nella repressione».

Ammesso che ci sia, e lo speriamo tutti, pur dedicando due, quattro, otto vigili, solo a quella zona, lo sai anche tu che a un certo punto della serata i turni finirebbero, gli agenti andrebbero via e si ricomincerebbe daccapo. Non sarebbe il caso di prevedere almeno su un tratto di via Romani un senso unico di marcia? Ipotesi: dal Santuario fino all’incrocio con il Boschetto?
«Laddove mi chiedessi se la ritengo una soluzione tecnicamente valida, posso dirti che è probabile sia così, però un cambio di senso della circolazione non deve servire ad eliminare un problema di sosta selvaggia ma innanzitutto a migliorare la viabilità».

Alleggerirebbe anche il transito intorno al Santuario, mitigherebbe i rischi di incidenti in quel tratto, più di così…Non l’hai proposta tecnicamente come soluzione agli amministratori?
«Ne abbiamo parlato. Come soluzione sarebbe valida perché potrebbe anche contribuire a creare nuovi posti auto su via Romani, con beneficio di tutte le attività commerciali che insistono sulla strada».

C’è da dire che è già stato sperimentato nella consiliatura del sindaco Iervolino, quando l’assessore alla viabilità era l’attuale consigliere Pd di opposizione Antonio De Simone. Dire che i commercianti di Madonna dell’Arco protestarono vivamente è usare un dolce eufemismo.
«Sì, me ne hanno parlato. E stando al parere dei collaboratori che all’epoca ne hanno visto i risultati, so che quella soluzione portò, per il tempo che fu adottata, notevoli benefici alla circolazione stradale.  Obiettivi sui quali, insieme al sindaco, ragioniamo costantemente. Tant’è che abbiamo risolto problematiche annose, penso all’adozione del senso unico nel secondo tratto di via Capodivilla, all’adozione del senso unico su via Michele Arcangelo, al senso unico di via Leopardi – via Petrarca che era stato teatro di pericolosi sinistri perché i sensi di marcia non erano facilmente individuabili. Abbiamo cambiato i sensi di marcia al quartiere Sant’Antonio. Ma tra le soluzioni possibili, ve ne sono di semplici e di complicate. Per via Pomigliano, per esempio, ne stiamo pensando diverse che sono al vaglio, come una rotatoria alla francese all’intersezione con via Emilio Merone. Ma diciamola tutta, il traffico non deriva per forza e sempre da problematiche di viabilità o da errori nella concezione della mobilità urbana, bensì spesso dalla mole notevole di veicoli in strada in determinate ore di punta. Via Pomigliano è una strada che collega tre centri di grandi dimensioni, Pomigliano d’Arco, Sant’Anastasia, Somma Vesuviana, su di essa insistono una statale e una ex statale, un centro commerciale, una strada di collegamento con un frequentatissimo supermercato e con Madonna dell’Arco, più distributori di carburante. Ad una certa ora è fisiologico che ci sia traffico e anche l’adozione di sistemi come la rotatoria possono decongestionare un po’ ma certo non risolvere definitivamente il problema».

Ci sono altri punti «difficili», come via Arco e via Primicerio, qui si creano problemi soprattutto all’altezza di un noto supermercato.
«Su via Arco il traffico non è peggiore che su altre strade, sempre nelle ore di punta, del resto è un quartiere popolosissimo. Su via Primicerio il problema deriva come sempre dal malcostume. Ma i vigili, pur in affanno di organico, sono presenti, sempre. Lo dimostrano i numeri: in questo primo semestre 2015 sono stati elevati, per divieto di sosta, circa 4200 verbali, il 10 per cento in più dello scorso anno nel medesimo periodo temporale».

Leggende metropolitane che spesso sono tradotte in accuse, anche gravi, sui social network, raccontano di vigili urbani in servizio che sostano un po’ troppo e spesso nei bar. Devo precisare che io non ne ho mai incontrati, però la domanda devo fartela comunque. Ne sai qualcosa?
«Mi piacerebbe che queste leggende avessero un nome, perché in mancanza di prove sono solo accuse molto gravi. Sono abbastanza sicuro di come lavorano i miei collaboratori e nessuno di loro si rende autore di condotte criminose, perché qui parliamo di reati, di omissioni in atti di ufficio. E io non esiterei a querelare chicchessia per diffamazione, laddove mi capitasse personalmente di sentire o leggere cose simili».

A tuo parere, qual è il più grosso problema di viabilità di Sant’Anastasia?
«Certo, il sogno di tutti sarebbe eliminare il traffico. In alcuni casi dobbiamo purtroppo tenercelo. Ma sono state adottate soluzioni delle quali rivendichiamo i risultati. Penso all’apposizione di segnaletica più visibile nell’intersezione tra via del Pruneto e via del Ciliegio, alla sostituzione delle barriere protettive in via Generale Riccardo De Rosa, gli accorgimenti sono stati adottati, purtroppo il traffico c’è e auspicherei più attenzione da parte dei cittadini, un maggiore senso civico e il rispetto delle norme del codice della strada, perché spesso una soluzione tecnica efficace non c’è e magari non dipende nemmeno dai Comuni. Mi riferisco alla ipotesi di miglioramento delle infrastrutture nel senso più ampio del termine, alla creazione di nuove strade per cui si deve muovere probabilmente qualche ente sovracomunale, come nel caso del raddoppio della statale 268. Una viabilità alternativa che possa deflazionare seriamente arterie importanti come via Pomigliano e via Arco, se no parliamo del nulla».

In otto anni ti sarà capitato di intervenire spesso sul nostro tratto della 268 in occasione di incidenti anche gravi.
«Certamente e con gli altri comandanti della polizia locale dei paesi limitrofi abbiamo sottoscritto un protocollo operativo con la Prefettura, proprio negli ultimi anni. Abbiamo acquistato un dispositivo per il controllo della velocità impiegato molto spesso con ottimi risultati, di fatto c’è una drastica diminuzione degli incidenti».

Che automobilisti sono gli anastasiani?
«Non sono peggiori degli altri automobilisti della provincia di Napoli, spesso commettono infrazioni per mancanza di alternativa, per esigenze particolari dovuti agli odierni ritmi frenetici. Non è una giustificazione e si deve stare attenti, ma di fatto è così».

I parcheggi sono sufficienti in paese?
«Ti dirò, ritengo di sì. Ciò non toglie che se ve ne fossero di più sarebbe positivo. Nella zona del mercatino settimanale, per esempio, non c’è effettivamente possibilità di sosta nel giorno in cui si installa il mercato, tranne un piccolo spazio ritagliato negli ultimi anni. Ma l’unica soluzione tecnica sarebbe dislocare il mercato altrove, altre soluzioni praticabili non ve ne sono e le decisioni in merito spettano ovviamente solo all’amministrazione comunale».

Sul fronte dell’ambiente, disponete di un nucleo di polizia dedicato, vero?
«Sì, abbiamo istituito, anche su suggerimento dell’amministrazione, un nucleo di polizia ambientale, cosa diversa dagli ispettori ambientali istituiti per decreto dal sindaco. Abbiamo i dati: nel primo semestre 2015 sono stati elevati circa 35 verbali per mancato rispetto della raccolta differenziata. Ci muoviamo con l’ausilio degli ispettori ambientali e del personale dipendente della ditta che effettua la raccolta, apriamo i sacchetti e cerchiamo di scovare eventuali trasgressori, non sempre ci si riesce. Occorrerebbe in effetti una capillare sensibilizzazione in materia perché lascia sbigottiti il rendersi conto che c’è ancora chi non riesce a comprendere la differenza tra secco residuo e indifferenziato. Tant’è che quando ci troviamo a sanzionare queste persone, cadono dalle nuvole, letteralmente. Molti ritengono che nel secco residuo possano inserire tutto ciò che non conferiscono gli altri giorni, quindi vi troviamo umido, carta, plastica. Se non si provvede a fare informazione costante con gli anziani, nelle famiglie, nelle scuole, la situazione non si recupera. Noi ci mettiamo tanto impegno, ma il nostro nucleo di polizia ambientale, con i numeri che abbiamo, può uscire al massimo due volte alla settimana. Pur volendo attribuire a questa tematica un’importanza prioritaria, non possiamo fare altrimenti, bacchette magiche non ne abbiamo».

Trasgressioni sulla raccolta differenziata a parte, ci sono anche sversamenti di entità diversa. Rifiuti speciali sversati illegalmente. Ha fatto molto rumore il caso di via Casarea da dove – le immagini del prima e dopo lo raccontano chiaramente – sono stati addirittura trafugati dei rifiuti speciali.
«Anche noi inoltrammo un’informativa all’autorità giudiziaria in merito sulla presunta sparizione, purtroppo solo a carico di ignoti. Lo stesso fece l’ufficio competente».

«Presunta» sparizione? Se il funzionario preposto ha presentato una denuncia, tanto presunta non mi pare.
«Finché non si arriva al termine delle indagini, è ovvio che si usi cautela. Ma noi vorremmo davvero essere sempre in grado di individuare questi delinquenti senza alcuno scrupolo. C’è da dire che per i reati ambientali, nonostante la stretta del Governo, è sempre più difficile individuare i colpevoli, nonostante si abbia adesso, un sistema di videosorveglianza funzionante. Anche in via Casarea ora ci sono due telecamere».

I punti più a rischio?
«Quelli periferici, ai confini con Pomigliano d’Arco, Casalnuovo e Somma Vesuviana. Non si può certo pensare a telecamere su ogni strada di Sant’Anastasia e i delinquenti abituali, perché di questi si tratta, riescono spesso a sottrarsi ai controlli».

Sugli abusi edilizi, invece, puoi fornire qualche dato?
«Sarò molto preciso, nel primo semestre 2015 ci sono state 29 denunce e relative informative per abuso edilizio. Dato immediatamente aggiornabile aggiungendone ad oggi, al massimo, altre tre. Quanto all’entità, è difficile che oggi siano creati dal nulla nuovi manufatti a destinazione abitativa. Per lo più si tratta di piccoli aumenti di volumetria, apertura di finestre, violazioni di sigilli, condotte di minore portata rispetto al passato. Qui a Sant’Anastasia ci sono stati momenti, anche prima del mio arrivo – e qui va fatto un plauso al nostro settore di polizia edilizia – in cui si è lavorato tantissimo e senza sosta, giorno e notte, con sequestri, informative e quant’altro».

La cosa più strana che ti abbia chiesto un amministratore?
«Non entro in dettaglio, ma a volte è pervenuta qualche richiesta irrealizzabile e abbiamo dato parere sfavorevole, come ci tocca fare. Ma il fatto più strano è che forse richieste simili pervengono da chi non sarebbe deputato a farle, da chi non ha cognizione tecnica e preparazione tale da capire che quanto vorrebbero non è possibile. Ma siamo molto educati, aperti e pronti a confrontarci con tutti».

Non molto tempo fa, è cronaca, alcuni vigili urbani lamentarono, con un documento sottoposto all’amministrazione comunale, una sorta di incompatibilità ambientale nel comando di polizia municipale, accennando a tue presunte vessazioni e mettendo nero su bianco la preoccupazione che in un ambiente dove chi lavora è autorizzato a portare pistole, la situazione potesse degenerare.
«Si parlava di porto d’armi, non di pistole».

Beh, non è che in dotazione abbiate temperini…Com’è finita?
«Guarda, parlarne significa già attribuire eccessiva importanza a una vicenda che ha del ridicolo. È stata inoltrata informativa alla Procura della Repubblica e tutto è nelle mani di chi è deputato a valutare e vagliare determinati documenti, perché qui di documenti si tratta. Non c’è mai stato, lo sottoscrivo, nella nostra struttura, un solo episodio che lasci presagire un clima pesante. A ben leggere quel documento di cui parli e scritto da qualcuno, si identificava me come un comandante che pretende troppo rispetto delle regole, avvezzo a segnalare procedimenti disciplinari laddove le regole, appunto, non fossero rispettate. Sono dunque soddisfatto, ecco perché non mi va di attribuire troppa importanza alla cosa, che la maggioranza del comando, delle persone con le quali ho l’onore di collaborare ogni giorno, abbia formalmente preso le distanze da quella ridicola vicenda».

C’è dunque qualcuno che le distanze non le ha ancora prese?
«Probabilmente chi non è in linea, in sintonia con il mio modo di agire e di operare. Ma accade ovunque, la cosa fondamentale per me è il rispetto delle regole, ribadisco. Lo pretendo prima da me stesso e poi da tutti gli altri».

Sei autoritario?
«Il ruolo di comandante è difficile, soprattutto quando lo si intraprende giovanissimi e si rischia di non essere presi subito sul serio. Allora può capitare che, per imporre determinate condotte, si finisca per adottare un comportamento autorevole, non certo autoritario. Con la maggior parte del personale sono in completa sintonia e sono contento, sotto questo profilo, che l’amministrazione comunale abbia preso atto della regolarità e della correttezza del mio operato su tutti i fronti e su ogni livello. Ciò è facilmente verificabile nella documentazione depositata in municipio. Dunque sono tranquillo e sereno, in merito. Ovviamente non posso pretendere che tutti siano d’accordo con la mia maniera di vedere le cose. Ho un grande difetto, sono testardo e quando sono nel giusto vado avanti senza farmi intimorire e pretendendo che le regole si rispettino. Se si dice che io sia intransigente, intendendo che chiedo e pretendo rispetto e correttezza, allora lo sono».

Sei mai stato minacciato durante la tua esperienza lavorativa?
«Parliamo di minacce a pubblico ufficiale nel senso più infimo del termine, magari qualcuno che pretendeva non facessi il mio dovere, non elevassi un verbale. Sì, ci sono procedimenti penali instaurati, qualcuno concluso, qualcuno in itinere. Parliamo di piccole cose, a Castellammare di Stabia, non qui da comandante».

Ti sei mai pentito di non aver scelto l’avvocatura?
«No, amo questo lavoro e provo tristezza nel vedere che non è giustamente valorizzato. Ci sono, nelle polizie locali, tantissime professionalità sprecate in ruoli di impiegati in divisa, con tutto il rispetto per gli impiegati. Auspico una riforma che inserisca la polizia locale nel comparto sicurezza, luogo che ci è congeniale per funzioni che di fatto svolgiamo».

Cos’è che invece sognavi di fare da bambino?
«Questo è un discorso del tutto diverso. Sì, ammiravo mio padre perché sono cresciuto accanto a lui, tornava a casa con l’uniforme e io lo ammiravo, sono cresciuto nel comando di polizia municipale dove mi accompagnava quando non era in servizio. Però allora io sognavo di fare il medico, di diventare un ortopedico perché magari giocando a calcio e subendo infortuni pensavo che un giorno avrei potuto curare quelli dei campioni. O anche un ginecologo, per veder nascere i bambini. Cosa meravigliosa che tra pochissimo mi capiterà, da papà, non da medico».

Cosa vorrai insegnare a tuo figlio?
«I valori con i quali sono cresciuto io, perché credo di essere figlio della persona più onesta della terra. Mio padre, anche nelle piccole cose, è fermo e deciso nel non ledere mai le aspettative di correttezza, di onestà e di lealtà che gli altri nutrono nei nostri confronti. Vorrei insegnargli a non avere paura, mai. L’onestà, la correttezza, la lealtà, la trasparenza nei rapporti. Nella vita io ho sempre detto le cose così come stavano e questo mi ha forse reso inviso a qualcuno che mi ha chiuso qualche porta».

Chi guarda il tuo profilo facebook durante una partita del Napoli o poco dopo si rende conto subito di quanto tu sia uno sfegatato tifoso. Da sempre?
«Sì, forse il più passionale in famiglia. Mio padre segue moderatamente il calcio, mio fratello è molto tifoso ma è a Londra e riesce pochissimo a guardare le partite. Io sono malato, mettiamola così».

Ipotesi: sei in servizio mentre sta giocando il Napoli. Che fai?
«Soffro. Ma non la guardo la partita, non lo farei mai. Butto un orecchio alle radioline o ai televisori che hanno il volume alto, magari. Sono abbastanza fortunato, devo dire, perché molte manifestazioni si organizzano giustamente non in coincidenza con le partite. Divento passionale, senza freni inibitori, un’altra persona, quando seguo le partite. Chi mi guardasse allora non potrebbe riconoscermi. Per me è una questione di appartenenza, quando vince il Napoli la sento come vittoria di una terra, di una città, di un popolo che in qualche modo si riscatta. Non vedo l’ora di leggere e ascoltare i commenti dei tifosi del nord che in quel momento ci invidiano».

Il calciatore che hai ammirato di più?
«Da napoletano non posso che rispondere Diego Armando Maradona, per noi è stato calcisticamente un Messia. I limiti dell’uomo, invece, sono noti».

Quello in attività, invece?
«Tecnicamente Gonzalo Higuain è un campione. Se parliamo di calcio mondiale, Cristiano Ronaldo e pochi altri».

Tu giochi a calcio?
«Ho giocato a livello agonistico in squadre di serie minori di calcio a cinque, adesso purtroppo un infortunio mi tiene lontano dai campi di calcetto. Sono stato operato un anno fa per la rottura del legamento crociato anteriore, un intervento molto complesso e che richiede lunga riabilitazione. Qualcuno riesce a tornare in campo, io sogno di farlo a breve perché quando gioco mi sento davvero meglio, è un modo di allontanarsi dai problemi e dai pensieri quotidiani».

Porti al collo un rosario con un crocifisso, sei credente?
«È un regalo di mia suocera al quale tengo molto. Sono credente, osservante, praticante, prego moltissimo anche durante il giorno e vado sempre in chiesa. D’altronde ho ricevuto una educazione cattolica bellissima dai miei genitori e sono cresciuto facendo il chierichetto per tanti anni. Ho conosciuto sacerdoti straordinari, educatori che ricordo con affetto, tutto quel che faccio nella vita lo compio affidandomi al Signore. Mia moglie mi accompagna in questa fede e mia madre è attualmente una ministra straordinaria dell’Eucarestia».

Qual è il peccato al quale non riesci a rinunciare?
«Anche due, la gola e l’ira. I peccati che fondamentalmente commettiamo tutti. Essere cattolici non vuol dire non essere peccatori ma riconoscere che siamo esseri limitati, piccolissimi. Significa affidarci a chi può darci la forza, liberarci come d’incanto da tutti i pesi».

Entri spesso nel Santuario di Madonna dell’Arco?
«Meno di quanto dovrei e vorrei. Ma come tutti i cattolici credenti, al cospetto di quel quadro, provo emozioni fortissime. A dire il vero provo emozione entrando in ogni chiesa. Mi piacerebbe andare in Santuario ogni mattina, fare una preghiera e affidarmi alla Madonna. So però che mi ascolta anche se non riesco ad andarvi sempre ed è Lei che mi protegge spesso da tanti miei errori».

Il Lunedì in Albis è un giorno importante per Madonna dell’Arco. Se potessi decidere tu, da tecnico, impediresti l’installazione di quella sorta di fiera – mercato con le bancarelle che poi si aggrava con l’avvento di abusivi come se piovesse? So che le scelte non ti competono ma spettano all’amministrazione, lo dico io prima che lo faccia tu, ma parliamo per ipotesi.
«Io ritengo che i venditori ambulanti facciano parte comunque della tradizione popolare, molti non riescono ad immaginare questa festività, sia pure di carattere religioso, senza la loro presenza. Non si può non ascoltare queste istanze che provengono anche dalla collettività».

Sostieni che siano i cittadini a volerli?
«Non dico questo, solo che mi capita di ascoltare pareri contrastanti».

Allora ti faccio una sorta di provocazione: Madonna dell’arco si candida a diventare zona turistica. Uso il «si candida» perché per me, essere zona turistica, significa anche che in occasione degli eventi importanti, quelli che il turismo lo attirano, l’indotto locale c’è e può lavorare. Il Lunedì in Albis, a Madonna dell’Arco, l’indotto locale (negozi, alcuni bar, attività commerciali) chiude i battenti perché si ritrova schiacciato da una massa incontrollabile di folla, con una selva non solo di venditori ambulanti «autorizzati» ma di abusivi che restano magari pure i giorni successivi. A me sembra una contraddizione in una zona turistica, a te no?
«Messa in questi termini lo è sicuramente. Qualcosa potrebbe essere fatto in merito ma non so fino a che punto un Comune ne abbia la forza. Mi metto nei panni di chi dovrebbe decidere in questo senso e sarebbe auspicabile forse la presenza di operatori di un certo ramo, da venditori di prodotti tipici a quelli di oggetti di carattere religioso. Però non occorrerebbe un corpo di polizia municipale, sia pure ben nutrito, ma un esercito vero e proprio. In quella giornata assistiamo ad un’invasione che ci travolge letteralmente, con il personale a disposizione non riusciamo nemmeno a chiudere i varchi che andrebbero chiusi. Inoltre, c’è una cosa che forse non tutti hanno considerato: quella è una giornata festiva infrasettimanale, dunque ogni operatore della polizia municipale avrebbe il diritto, sancito ora anche dalla Cassazione, di restare a casa, io non potrei costringere nessuno a lavorare. Eppure devo ringraziare il buon senso di persone che da trent’anni rinunciano alla Pasquetta in famiglia e che per pura devozione scendono con me alle tre del mattino per chiudere le strade. Ma il più forte torna a casa, dopo ore ed ore, con i dolori. Non riusciamo numericamente nemmeno a sostenere la mole della viabilità, non è pensabile volgere anche lo sguardo verso chi installa abusivamente una bancarella. Questo le persone devono saperlo, sfido chiunque, il prossimo anno a restare con noi tutto il giorno e parte della notte, oppure a sedersi con me i giorni in cui sono alle prese con l’organizzazione del servizio».

Sfida accettata, se mi consenti un reportage dal punto di vista della polizia municipale.
«Volentieri, sarai la benvenuta».

La politica ti piace?
«Fa parte della vita quotidiana, per non appassionarsi alle vicende del proprio Paese si dovrebbe essere lontano dalla realtà. Ma non sento alcun desiderio di attivismo, ciascuno deve fare quello per cui è portato».

Quale politico segui con più interesse?
«Attualmente nessuno, non ci sono più leader carismatici, quei visionari della politica che avevano capito tutto a prescindere dagli schieramenti: Enrico Berlinguer, Aldo Moro, Alcide De Gasperi. Oggi non vedo chi potrebbe essere su quel livello, forse perché la politica è diversa, meno vicina alla gente».

Non ti chiedo chi hai votato alle ultime politiche…
«Non te lo direi».

Infatti ti chiedo per chi non voteresti mai.
«Non ti dirò nemmeno questo. Soltanto che sono un cattolico moderato, non mi piacciono gli estremismi».

Hai mai preso una multa, comandante?
«Due. Una quando avevo tredici anni ed ero sulla Vespa di un amico, da passeggero. Un verbale in solido per aver imboccato un controsenso. Ribadisco, da passeggero. Perché un altro pregio di mio padre, che cercherò di mutuare con mio figlio, è quello di non avermi mai comprato un motorino e di aver minacciato di incendiarlo se lo avessi acquistato io, anche una volta sposato. L’altro verbale è purtroppo relativamente recente. Ero a Siena, dove mia moglie studiava, e non mi avvidi di un segnale mobile temporaneo per il rifacimento della segnaletica orizzontale. Ho parcheggiato e, il mattino dopo, ho ritrovato soltanto la mia auto in piazza, con un agente di polizia municipale che vi girava intorno e il verbale sopra. Mi sono sentito piccolissimo, non è bello per un comandante vivere questa esperienza. Ovviamente ho pagato e chiesto scusa, non avrei potuto dir nulla nemmeno se il mio veicolo fosse stato rimosso con il carro attrezzi, la disattenzione era stata mia».

Quali sono le tue letture preferite?
«Amo moltissimo Tolkien, a dire la verità sono proprio un fanatico della Terra di Mezzo, di Arda, di tutti i capolavori, Il Silmarillion, Il Signore degli anelli, Lo Hobbit, i racconti, la leggenda di Albero e Foglia».

Le pietre miliari del genere fantasy, in pratica. Come mai?
«L’attrazione verso il fantasy medievale viene da lontano, da quando ero piccolo. Mi sono avvicinato a Tolkien leggendo, come tutti, Il Signore degli Anelli e d’un tratto ho scoperto un genio. Stiamo probabilmente parlando di uno dei più grandi della letteratura contemporanea, un vero visionario. Spesso, leggendone i capolavori, mi sono chiesto cosa lo animasse, perché inventare di sana pianta un mondo parallelo, con popoli, razze, lingue, alfabeti, non è da tutti. Ricordo un film che da bambino mi ha avvicinato al genere fantasy, La Storia Infinita, chiunque abbia guardato quella storia si sente, leggendo poi Tolkien, come il protagonista, Bastian. Un ragazzino che rimane completamente rapito da quel libro al punto da tale da essere lui stesso catapultato nel mondo fantastico della storia. In questo mi ritrovo ancora, fondamentalmente, a riscoprirmi bambino, ma è la parte di me che non cambierei mai, quella che mi ha aperto gli occhi su tante cose».

Il film tratto da Il Signore degli Anelli ti è piaciuto?
«Non è del tutto fedele e dunque ha qualche volta raccolto le critiche di noi amanti del genere, ma ne sono comunque innamorato, follemente. Lo trovo meraviglioso, chi ha letto il capolavoro immaginava Frodo proprio come lo ha reso Peter Jackson, così come le case degli Hobbit. Sfido chiunque ad andare in Nuova Zelanda, dove quei paesaggi sono stati ricreati e a non riconoscervi il mondo ideato da Tolkien».

Ci sei stato?
«No, ma è da sogno, ci andrei solo per visitare quel villaggio».

Qual è invece il viaggio più bello che hai fatto?
«Il viaggio di nozze, sicuramente, negli Usa. Chi è stato a New York ha l’impressione di non riuscire a staccare gli occhi da quel che vede, è la città più semplice del mondo, dove non c’è bisogno di una cartina per orientarsi, fosse anche solo per il sistema delle strade numerate. Mi è piaciuta molto anche San Francisco, i suoi moli. Hollywood, con la ricchezza e il lusso smodato, non mi ha entusiasmato più di tanto».

Non ami il lusso?

«Non amo l’ostentazione. Chi si può permettere determinate cose è giusto che lo faccia, non sto sicuramente a giudicare. Ma attribuisco molto valore al denaro e quando vedo sprechi, esibizioni sfrenate, non riesco a non pensare automaticamente a chi muore senza poter bere un bicchiere d’acqua».

Come li spendi i tuoi soldi?
«Sono molto oculato, non ho le mani bucate e non sono tirchio. Una via di mezzo, amo i viaggi, non bado a spese e non rinuncio alle comodità se si tratta di soggiornare in strutture ricettive, spendo per la mia passione cioè il Napoli. E mi diverto moltissimo ad accompagnare mia moglie nello shopping. Del resto adoro stare con lei, in generale. Non sono tra quegli uomini che si annoia in giro per negozi, ecco».

Come l’hai conosciuta tua moglie?
«La nostra è una storia molto romantica, con corsi e ricorsi, mi ricorda una canzone di Venditti che dice “Certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano”. Ho visto Elisa per la prima volta quando aveva dieci anni, io ero un educatore dell’Azione Cattolica, lei semplicemente una bambina che avevo visto di tanto in tanto. Dopo dieci anni me la sono ritrovata dinanzi in un pub e ho riconosciuto quel volto che ricordavo e avevo incrociato occasionalmente in strada, del resto abitavamo – anche se allora non lo sapevo – a cinquanta metri di distanza. I nostri sguardi si sono incontrati e riconosciuti, abbiamo sorriso. Amore a prima vista».

Come le hai chiesto di sposarti?
«In un ristorante di Siena, città dove lei studiava. Ho tentato di sorprenderla organizzando tutto da qui e prenotando un tavolo in uno dei locali più romantici, con un tavolo riservato che fosse più in alto rispetto agli altri, non per ostentazione ma perché non volevo nascondere una cosa tanto bella. L’ho fatta uscire con una scusa, lei non sospettava nulla, le ho porto un mazzo di fiori mentre eravamo a tavola e poi le ho aperto l’astuccio con l’anello. Lei ha pianto, ovviamente mi ha detto di sì».

Ed è il gesto più romantico che tu abbia fatto per lei?
«Mi piace sorprenderla tutti i giorni con piccoli gesti, anche se non mi definirei romanticissimo. Lei fa altrettanto per me riempendomi di attenzioni. Mi sorprende per la pazienza che ha nei miei confronti, sopportare me che sono polemico e molto ansioso non è facilissimo».

Avete una vostra canzone?                                                  

 «Ce n’è una che ascoltavamo spesso e che ogni volta che ci capita di risentire ricorda i nostri momenti più belli.  È dei Nightwish, una band finlandese metal, si chiama “While your lips are still red”, “Finché le tue labbra sono ancora rosse”. Una canzone molto romantica, una stupenda ballata. Diciamo che sono fondamentalmente un metallaro, amo l’hard rock, le atmosfere epiche e medievali, gotiche, oscure. Anche un po’ di mitologia non guasta».

Il mito che ti affascina di più?
«La mitologia nordica che il fantasy di Tolkien richiama molto, naturalmente: Thor, Odino. Ma chi come me ha studiato al liceo classico non può non amare l’Iliade, qualcosa di straordinario».

Sai cucinare?
«Per nulla, mi piacerebbe ma sono poco paziente. Lavorare ore ed ore per un piatto che mangerei in pochi minuti non fa per me. Però mia moglie, mia madre e mia suocera sanno catturarmi anche a tavola e mi viziano tantissimo. Amo i primi piatti, i fritti, adoro mangiare nelle classiche trattorie napoletane o nelle osterie romane».

Quale scorcio di Sant’Anastasia ti piace di più?
«A guardare il Santuario da via padre Raimondo Sorrentino si ha l’impressione di essere in un altro mondo. Ma piazza Siano, dove talvolta in occasione di eventi sembra proprio di stare nella piazzetta di Capri, è davvero bellissima. Adoro le Notti di Lettura ideate da Luigi De Simone che mi ha sempre coinvolto e, per la passione che ci mette, è praticamente impossibile dirgli di no. Poi devo dirti, e ti invito a constatare, che se ci si affaccia dalla palazzina di via Primicerio, sede del comando di Polizia Municipale, si può anche vedere il mare in lontananza».

Possiamo dire che la consideri un po’ la tua terra di adozione?
«Dopo tanti anni, senza ombra di dubbio. Mi sento a casa, come del resto a Castellammare di Stabia o ad Acciaroli, dove ho trascorso durante le vacanze dell’adolescenza anni bellissimi».

C’è un proverbio o un motto che senti particolarmente “tuo”?
«Sì, uno che mi ripeto come un mantra e che mi porto dietro da quando una mia insegnante di lettere lo scrisse a lettere cubitali su un cartellone affisso in classe perché noi lo guardassimo sempre: “Recita bene la tua parte, in questo consiste l’onore”, citazione dall’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Me lo ripeto ogni giorno e sono convinto che se ciascuno di noi si limitasse a rispettare il proprio ruolo, dedicandovisi anima e corpo, tutto andrebbe molto meglio».

C’è qualcosa che nella vita vuoi assolutamente fare?
«Il sogno più grande, quello di diventare padre, lo sto realizzando in questi mesi. Poi vorrei vivere in serenità, essere apprezzato, ricordato come persona seria, onesta, corretta. Vorrei che mi si stringesse la mano e mi si dicesse “Sei la persona più leale che abbia mai conosciuto”. Devo dire che in molti lo fanno già. Anche quando gli dico di no».

Un tuo pregio e un tuo difetto?
«Il pregio è sicuramente l’onestà, se deviassi da questa strada non riuscirei a dormire di notte. Quanto al difetto, sono polemico e impulsivo. Dovrei contare fino a mille, non fino a cento. Ma credo siano lati smussabili con l’età».

Cosa hai nel portafogli?
«Carta di credito, il budge per marcare al lavoro, la patente, la tessera del tifoso che mi serve per eventuali trasferte, buoni pasto erogati dal Comune di Sant’Anastasia».

Nessun portafortuna?
«Mi basta il crocifisso che porto al collo, avevo il Tau francescano una volta, perché sono molto legato, come tutta la mia famiglia, alla figura di San Francesco. Non mi servono altri amuleti o gesti scaramantici, mi basta leggere un salmo ogni mattina: sulla consolle all’ingresso di casa ho una bibbia e prima di uscire il salmo 22 mi dà la forza di affrontare la giornata, la gente, anche i momenti brutti che possono capitare nella vita di ciascuno».

Cos’è che proprio non sopporti?
«Arroganza e presunzione da parte di chi proprio non avrebbe gli strumenti per poter essere né arrogante né presuntuoso. E soprattutto non sopporto la slealtà, chi colpisce alle spalle».

Il momento più brutto della tua vita e quello più bello?
«Ho sofferto molto per la morte di mio nonno materno del quale ho ricordi stupendi. L’emozione più bella, inimmaginabile, il momento che ricorderò per sempre, è quando ho visto mia moglie arrivare mentre la attendevo sull’altare».

Mi definisci il tuo ideale di donna?
«Sarà banale, ma davvero credo di aver trovato in Elisa il mio ideale, non solo estetico. Lei è tutto per me, siamo talmente in simbiosi, viaggiamo così tanto sulla stessa lunghezza d’onda, che a volte non ci sembra neppure vero. Ovviamente tra le donne famose ve ne sono alcune notevolissime come Charlize Teron, Jessica Alba, anche Belen Rodriguez che, al di là di quel che può rappresentare e che non giudico, è comunque una donna bellissima».

Quando è che un uomo è affascinante?
«Quando è intelligente, se ha un bel sorriso, quando riesce a dialogare con una persona intrattenendola senza annoiarla con argomenti non banali e riesce a sorprenderla».

Cosa guardi in tv?
«Programmi sportivi, qualche serie tv. Gomorra mi è piaciuta, qualcuno dice che potrebbe essere di cattivo esempio, ma io credo che bisogna sapere per capire e interpretare certi fenomeni. Amo alcune serie che hanno spopolato negli Usa: trovo geniale The big bang theory, o The walking dead, per esempio».

Mi incuriosisce il tuo amore per le atmosfere gotiche, ami anche il genere horror?
«Dal Dracula di Bram Stoker – sono legato alla figura del conte Vlad – agli horror nel senso più classico, sì, mi piacciono molto. La saga de La Casa, ad esempio. Ma oggi è difficile trovare un horror fatto bene, c’è solo splatter, immondizia».

Secondo te, esistono mondi paralleli?
«Il Signore è talmente grande, e noi talmente limitati, che spesso mi chiedo se non sia inutile porci queste domande. Il rischio è restarne angosciati, ci sono troppe cose che non sappiamo e che forse non potremmo nemmeno capire, altro che mondi paralleli».

Infine, se dovessi descriverti in maniera semplice a chi non ti conosce?
«Sono una persona semplice, dedito al mio lavoro, legatissimo alla famiglia, moderatamente sportivo – dico moderatamente solo a causa dell’età – leale con gli amici, con cui si può parlare di tutto, senza pregiudizi, con ideali che possono più o meno essere condivisi ma che meritano lo stesso rispetto che profondo per quelli altrui».